L’empatia è fondamentale, anche sul web.
Potresti giustamente domandarmi: ma come fa a trasparire un’emozione tramite un messaggio whatsapp, ad esempio? Beh, non sarebbe un’osservazione errata, ma nemmeno totalmente corretta.
Nell’enciclopedia Treccani l’empatia viene indicata come “la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato e talvolta senza far ricorso alla comunicazione verbale.”
Questa qualità, in tal senso, non dovrebbe riguardare il digitale o l’analogico, non dovrebbe essere sentimento di circostanza: dovrebbe essere una scelta, un’azione voluta e consapevole, molto spesso silenziosa, che permetta di comprendere i sentimenti altrui senza invadenza.
Ci sono brand, aziende e attività di ogni genere che, nel periodo della pandemia, hanno vinto proprio grazie a questo approccio, resistendo quando tutti gli altri cadevano. Coca Cola rientra tra i cosiddetti “brand empatici”: in pieno lockdown ha saputo supportare i propri consumatori attraverso messaggi positivi, rassicuranti, umani. Coca Cola IT, infatti, dopo aver donato 1,3 milioni di euro alla Croce Rossa Italiana ha scelto la celebre canzone Un Giorno Migliore di Cesare Cremonini per fornire un contributo concreto e lanciare una raccolta fondi. Un gesto di speranza che ha ha fatto la differenza.

Potremmo dire di non esserne capaci, di non disporre degli strumenti digitali migliori per dimostrare empatia, ma non è così: la punteggiatura, le spaziature, le parole che la lingua italiana ha messo a disposizione esistevano, esistono ed esisteranno sempre. Forse oggi l’abbiamo soltanto arricchita. Prendiamo ad esempio le emoticon, dette anche smiley, riproduzioni stilizzate delle espressioni facciali umane che esprimono un’emozione: dovrebbero essere usate nella messaggistica istantanea come componenti extra-verbali alla comunicazione scritta. Eppure sovente vengono ignorate, senza considerarne l’estrema efficacia.

Mi son sentita spesso dire: “ma che empatia dovrei dimostrare se il mio è un lavoro statico, d’ufficio, in cui non ho contatti con il pubblico?” Non condivido questo tipo di affermazione, perché non c’è luogo, momento o situazione nella quale non sia necessario empatizzare con l’altro.
Prima di costruire un messaggio, che sia attraverso una mail, un sms o qualsiasi altro mezzo, proviamo a metterci nei panni della persona con cui ci stiamo interfacciando: come potrebbe recepirlo? Quale potrebbe essere la sua espressione?
Non esiste dote innata che non possa essere coltivata. Da professionista del digitale, così come da venditrice, mi sono resa conto di quanto sia questo l’elemento di differenza nei rapporti sociali. Potremo essere i marketer più bravi, potremo essere i sales manager più scaltri, ma senza una relazione basata sull’empatia non ci sarà alcun risultato gratificante e soddisfacente dal punto di vista umano. Sarà soltanto un semplice obiettivo portato a termine.
Nonostante il diffondersi costante di nuove tecnologie che hanno modificato senza dubbio il modo di approcciare e dialogare, anche sul web, c’è una certezza oggettiva: l’empatia rappresenta una capacità fondamentale di immedesimazione e cognizione. Le neuroscienze, in tal senso, ne hanno dimostrato l’importanza grazie ai neuroni specchio: l’empatia è dentro ognuno di noi, lo dice la scienza. Può e dev’essere vista come un meraviglioso meccanismo di connessione democratica; sta solo a noi capirne l’utilizzo. (Ne ho parlato in maniera approfondita tempo fa, in questo articolo.)

D’altronde le parole, che costruiscono un contenuto, sono a disposizione di tutti; il senso che ne deriva è invece opera nostra.